Nel corso del 1943 Milano subisce una serie di devastanti bombardamenti aerei. Dai tempi di Barbarossa la città non era più stata oggetto di una simile furia distruttrice, tanto che al termine del conflitto il suo volto appare irriconoscibile, il suo profilo alterato in modo irrevocabile. Vengono colpiti la Scala, Palazzo Marino, la Galleria, il Castello, i teatri, le chiese, le dimore nobiliari. I milanesi sfollano in massa verso la Brianza e i laghi. Ovunque distruzione e morte. Si calcola che ben più della metà del centro cittadino sia stato distrutto o irreparabilmente lesionato. I morti alla fine si conteranno a migliaia – oltre duecento soltanto i bimbi sepolti nella scuola Crispi di Gorla.
All’alba del 26 aprile 1945, finalmente liberata, la città si risveglia ferita e avvolta in un cumulo di desolanti macerie, ma non piegata nello spirito e anzi animata da una forte voglia di riscatto. Nascono grandi musei, riaprono quelli distrutti, rinasce la Scala a tempo di record. Le fabbriche tornano a pulsare, divampa una creatività senza precedenti che sfocerà nel trionfo del design.
Nell’arco di un decennio riuscirà a risollevarsi, ponendo le basi per quello che sarà il miracolo economico degli anni ‘60, grazie anche ad una lungimirante “politica culturale”. Oltre alla nascita dei musei, Palazzo Reale divenne sede espositiva di mostre memorabili che sancirono la rinascita della città. Indimenticabili le rassegne su Caravaggio del ‘51, quella su Van Gogh del ‘52 e quella su Picasso del ‘53, che vide la clamorosa presenza, nella cornice simbolica della sala delle Cariatidi ricostruita, del dipinto Guernica.
Nel percorso espositivo, ricco di moltissime testimonianze fotografiche, manifesti, locandine, oggetti e cimeli, il racconto di come Milano seppe affrontare la drammatica emergenza postbellica, per lasciarsi alle spalle, nel volgere di pochi anni, il sapore acre della morte che insudicia, come ebbe a dire Alberto Savinio.